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Esterovestizione - la Cassazione fissa il confine tra elusione e libertà di stabilimento

La recente sentenza n. 32743/2025 della Corte di Cassazione sull l’esterovestizione delle società.
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La recente sentenza n. 32743/2025 della Cortedi Cassazione, pubblicata il 16 dicembre, riaccende l’attenzione su uno deitemi più delicati del diritto tributario internazionale: l’esterovestizionedelle società.

Nella sentenza citata, a fronte della contestata residenzafiscale fittizia all’estero, la Cassazione ha confermato la legittimitàdella struttura, chiarendo un principio fondamentale: la libertà distabilimento è legittima, purché sia esercitata in modo genuino e non elusivo.Secondo la Cassazione, quindi, l'esterovestizione è un tema contestabile inforza e nel rispetto dell'onere probatorio posto a carico dell'Agenzia delleEntrate sulla base della normativa sull'abuso del diritto (art. 10bis delloStatuto del Contribuente). 

La questione di fondo: residenza effettiva vs costruzioneartificiosa

Il concetto di residenza fiscale di una società, inbase all’art. 73, comma 3 del TUIR, si fonda su tre criteri fondamentali:

  • Sede     legale
  • Sede     di direzione effettiva
  • Luogo     di esercizio principale della gestione ordinaria

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la presenzaeffettiva della holding in Lussemburgo fosse supportata da elementiconcreti e non fosse, quindi, riconducibile a un disegno artificioso.Nonostante l’azione dell’Amministrazione finanziaria, i gradi di meritoavevano già dato ragione alla contribuente, e la Cassazione ha confermatoil verdetto.

 Il principio guida: libertà sì, ma non per eludere

Il valore della sentenza non si limita al caso specifico. LaCorte ribadisce che il sistema fiscale deve distinguere tra:

  • Strutture     effettive, basate su reali scelte imprenditoriali e organizzative
  • Costruzioni     fittizie, il cui unico scopo è la sottrazione alla potestà impositiva     dello Stato

In sostanza, la localizzazione all’estero non è diper sé sospetta, ma va verificata alla luce di indici sintomatici capacidi attestare – o smentire – la genuinità dell’operazione societaria.

A tal fine, per valutare l’effettiva residenza estera di unasocietà, la giurisprudenza (nazionale e comunitaria) suggerisce di analizzarecon attenzione una serie di elementi sostanziali:

  • Il luogo     in cui si riuniscono gli organi amministrativi e si formano le     decisioni societarie
  • La residenza     o cittadinanza degli amministratori
  • La disponibilità     effettiva di locali e risorse idonee alla gestione
  • La tenuta     delle scritture contabili presso la sede estera
  • L’esistenza     di comunicazioni costanti e documentabili che dimostrino     autonomia decisionale
  • Il periodo     di operatività della società estera e l’entità dell’investimento     iniziale e dei costi sostenuti per mantenerla

La presenza concreta di questi elementi può escluderela configurabilità dell’esterovestizione, rafforzando la legittimità dellasede estera.

Un contesto normativo in evoluzione

Va ricordato che la sentenza riguarda un contenziosoriferito a periodi d’imposta precedenti al D.Lgs. 209/2023, che ha aggiornato icriteri di determinazione della residenza fiscale delle società. Tuttavia,la Corte ha chiarito che la sostanza non cambia: resta centrale la verificadell’effettiva direzione e gestione.

In conclusione occorre sottolineare che, in tema diresidenza fiscale e di esterovestizione, le risultanze formali nonsoddisfano l'onere probatorio, in quanto è sempre necessaria la coerenza dellasostanza economica alle scelte imprenditoriali e alle risultanzereali.

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